E’ difficile colmare una distanza
Li abbiamo reincontrati.
Ragazze e ragazzi di una terza media. Eravamo tesi, emozionati ma anche con un desiderio di rivederli, almeno in video.
È difficile colmare una distanza.
All’inizio del collegamento, tanti sorrisi ma anche inquadrature incerte, una fronte, un occhio, un ciuffo di capelli che nasconde la visuale.
La voce dell’insegnante, rassicurante come sempre.
Come state? come stai? le domande di rito, a spezzare l’emozione di vedersi, anzi di rivedersi in questa nuova veste.
L’appello, poi i ciao, chi manca … un ragazzo, inaspettatamente, spiega all’ultima arrivata il senso del laboratorio teatrale: “uno spazio dove ci possiamo esprimere liberamente, una possibilità per essere noi stessi, un luogo dove possiamo immaginare un mondo ideale”.
Arriva la prima botta d’emozione. I ragazzi ci sono, a distanza, ma ci sono.
Alla domanda su cosa vogliamo lavorare quest’anno: l’amicizia, la natura, l’ambiente… le proposte si inseguono, ci si ragiona.
E poi, finalmente, una voce lo nomina: parliamo del Covid. Affrontiamo quindi il vuoto che i ragazzi stanno subendo: il prossimo Natale senza famiglia, il senso di mancanza, il movimento che viene negato e tutto quello che non si riesce facilmente a dire.
Nel momento in cui la paura è socializzata, è un rincorrersi di parole, di cose pensate e mai dette, della lontananza che si prova senza compagni e senza scuola.
L’ora vola. Ci dobbiamo lasciare. Vorremmo ancora stare insieme, se non è possibile guardarci negli occhi, guardiamo almeno uno schermo.
Ma dobbiamo andare.
Cosa ci lascia quest’incontro? Un infinito senso di malinconia e rabbia che non possiamo trasmettere perché il nostro dovere sarebbe rassicurare, dare speranza, infondere fiducia.
Ci rimane forte la sensazione che è stato un incontro sulla vita, per come è e per come la si sta vivendo. E su come potrebbe cambiare aspetto anche grazie al teatro.
Salvatore Guadagnuolo e Peppe Coppola – operatori teatrali della Fondazione Alessandro Pavesi